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29
MAR
2020

Carezze sul cuore

Carissimi,

domenica scorsa ero stata molto indecisa se scrivere o meno ed ero andata un po’ lunga con i tempi, ma a posteriori posso dire che forse male non ho fatto. Poco dopo l’invio ho ricevuto una mail da una mamma che mi diceva che sua figlia le aveva chiesto “la preside non ha scritto questa settimana?” e continuava “Ho scaricato le mail ed ecco arrivato il suo abbraccio”.

Non è stata l’unica, ne ho ricevute molte da mamme e papà e sono proprio queste condivisioni un dono inatteso che questo periodo così complesso mi ha portato. Spesso sono mail e talvolta telefonate con domande difficili e impegnative, ma sono per me carezze sul cuore, carezze di cui ognuno di noi a modo suo, “A modo mio avrei bisogno di carezze anch’io” recitava una canzone, ha bisogno.

Riconoscere il bisogno di una “carezza” è in questi giorni ancora più importante. Sempre una mamma venerdì notte mi ha scritto ricordandomi le parole di Papa Francesco durante il momento di preghiera straordinario sul sagrato di Piazza San Pietro: “Ci siamo trovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti”.

Nel tentativo di esserci tutti a confortarci a vicenda questa settimana mi sono dovuta confrontare con chi ha una persona cara malata o addirittura l’ha persa. È proprio “il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è”, come ha detto il papa.

Rifletto da settimane su cosa sia o meno davvero importante per i ragazzi, ma lo spunto per parlarne me lo ha dato un’altra mamma poco fa. Abbiamo potuto restituire loro le lezioni (poche dirà qualcuno, troppe diranno altri), ma “senza le confidenze e le chiacchiere, senza i capannelli all’intervallo, senza il ritrovarsi all’entrata, senza lo sciamare all’uscita”. Li invitavamo a staccarsi dai social per vivere una vita vera e adesso, paradossalmente, diciamo loro di usarli per tenersi in contatto e lo stesso facciamo anche noi.

Non c’è un’alternativa, è vero, ma quando loro sono in difficoltà chiedono di sentire la voce di chi sanno che gli vuole bene, non basta un messaggio. C’è chi chiama il cellulare della scuola e dice “Sono …, mi mancavi e volevo sentire la tua voce”, c’è chi è in crisi e chiede di parlare con la sua maestra. Cosa vuol dire? Che la relazione umana è fondamentale? Che altro? Ognuno di noi ha di che riflettere, io per prima.

Faccio mio l’invito del papa e lo rivolgo anche a voi ad “accogliere la speranza e lasciare che sia essa a rafforzare e sostenere tutte le misure e le strade possibili che ci possono aiutare a custodirci e custodire”.

Saluto ciascuno di voi con rinnovata riconoscenza, una riconoscenza che nasce dalla mia esperienza quotidiana non solo come preside o docente, ma anche come mamma che deve accompagnare i propri figli lungo strade mai percorse prima

Anna Asti