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07
MAR
2021

E chi è il mio prossimo?

Condividiamo con voi la riflessione di Don Mauro per la seconda settimana di Quaresima.

 

Osservando il dipinto di Van Gogh ci si accorge che la tela è divisa in due parti, due triangoli.

Nel triangolo superiore, più ondulato prevalgono i colori freddi, mentre nel triangolo inferiore i colori sono caldi e le pennellate brevi. Così l’autore dà un messaggio: il male, rappresentato dall’uomo aggredito dai banditi e lasciato mezzo morto e sofferente, raffredda, congela, provoca solitudine. Il bene, l’amore, descritto nel samaritano che si prende cura scalda, rassicura, fortifica e riscatta.

Focalizzando poi l’attenzione sul samaritano (l’uomo in piedi che solleva e pone sul cavallo il malcapitato) ci si accorge che c’è una somiglianza indiscutibile tra il suo volto e quello dell’autore.

Van Gogh vuole comunicarci che per aiutare davvero il prossimo è fondamentale “farsi prossimo”, farsi vicino. Concretamente prendere su di sé il dolore di chi è nel bisogno. Il samaritano Van Gogh non si pone la domanda come vivere il comandamento dell’amore, conosciuto a memoria dal dottore della legge, ma si fa prossimo, vive nei fatti la carità che cura e accompagna.

A differenza del sacerdote e del levita, piccole figure che escono dalla scena, quasi invisibili agli occhi dell’osservatore, il samaritano si compromette. Nel momento in cui il dottore della legge ricorda che cosa deve fare per avere la vita eterna non manca di comprensione e di conoscenza del comandamento dell’amore ma si difende e, cercando di scusarsi, torna a rivolgere una domanda a Gesù:

“E chi è il mio prossimo?”

Nella settimana entrante può essere utile osservare il dipinto e domandarci:

“In quale parte dell’opera mi colloco? Mentre emerge la domanda su chi è il mio prossimo sarà possibile iniziare a comprendere che scelte fare.”

Alcune espressioni di preghiera sono di aiuto:

“Signore chi è il mio prossimo? Apri i miei occhi, perché io possa vedere coloro che mi passano accanto, perché io possa superare ogni timore, vincere ogni dubbio. Infondi in me la tua certezza: amare tutti, amare sempre. Ma come fare? Illuminami nel buio.”

Porsi queste domande e permettere di entrare in dialogo con Dio ma anche lasciarci correggere da Lui. Scrive l’Arcivescovo Mario nella lettera per la quaresima:

“La correzione è anzitutto espressione della relazione educativa che Dio ha espresso nei confronti del suo popolo. Come una madre, come un padre amorevole «a Efraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano. Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore, ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia, mi chinavo su di lui per dargli da mangiare. Il mio popolo è duro a convertirsi.»

«Riconosci dunque in cuor tuo che, come un uomo corregge il figlio, così il Signore, tuo Dio, corregge te.»

La metafora deve essere naturalmente interpretata alla luce della rivelazione cristiana. Non sembra pertinente, infatti, interpretare le tribolazioni della vita e le disgrazie come puntuali interventi di un Dio governatore dell’universo, intenzionato a punire il popolo ribelle per correggerlo. Dio, invece, corregge il suo popolo cercandolo e parlandogli in ogni momento di tribolazione e in ogni luogo di smarrimento. Lo richiama con una misericordia sempre più ostinata della nostra stessa ostinazione nella mediocrità del peccato. Lo trae a sé con vincoli d’amore ogni volta che, intontito in una sazietà spensierata o incupito in disgrazie deprimenti, chiude l’orecchio alla sua voce. Lo libera dall’asservismo agli idoli, alla schiavitù del peccato.”

Don Mauro